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ENG
Located at the outskirts of Skopje, Šuto Orizari is known as the biggest Roma municipality in the world. This municipality has a unique identity: here the 80% of inhabitants have Roma origin and Romani is adopted as the official language. Šuto Orizari is possibly unique in Europe as a district run politically and economically by members of the Roma community, but to most Macedonians, it’s known mainly for its market. And a reputation for crime. Despite being considered by many as a ghetto, “Shoot-ka” – as it is badly nicknamed – has welcomed a high amount of refugees during the wars that brought the Yugoslav Federation to collapse. Though cohesive and united, the community faces multiple challenges: only 23% of the population has a regular employment contract and bordering neighborhoods are prone to stigmatize and marginalize the households who live in this district.
Around the district, the celebrated bazaar, overloaded chariots, old-fashioned Mercedes and modern buses compete for space on one of Šuto Orizari's few tarmac roads. Customers move frantically from one stall to another in search of bargains, while elders placidly sip Turkish coffee sitting on small chairs beside the street. The goods on sale range from clearly counterfeited clothing, sunglasses and sports equipment to homemade delicacies. Waiters in white shirts delivering coffee dodge between veiled women, sweets sellers, beggars and smiling bakers.
The future of the community is represented by toothless toddlers wearing creased T-shirts soiled with dust and fashionable teenagers, indistinguishable from those seen in any European city. Without them, the scene could easily be a fragment taken from Emir Kusturica’s Time of the Gypsies. It is no coincidence that the Serbian director's film was partly shot in Šuto Orizari.
Down the road at one of the two elementary schools in the district, Alvin Salimovski is preparing his students to take on and defeat the prejudice that he has experienced and that they, too, will have to confront as they grow up. With his well-kept beard, a love for metal music and a degree in German studies, the headmaster might not fit the stereotype often imposed on his people. But that was no protection from discrimination, he says. "If you are Roma, you have to double your effort. You have to prove you are not backwards, demonstrate that you can actually make it."
ITA
Suto Orizari, nelle periferie di Skopje, è l'unica municipalità al mondo a maggioranza rom. Nato in seguito a un terremoto che nel 1963 distrusse buona parte della capitale macedone, Suto Orizari divenne la dimora di circa 25.000 rom, che qui rappresentano circa l’80% della cittadinanza. Nella municipalità dove il romanì rappresenta la lingua ufficiale, i problemi della ghettizzazione sono all’ordine del giorno: oltre la loro collina, i cittadini di Suto Orizari sono spesso malvisti dagli altri abitanti di Skopje, e spesso nascondono la propria origine per evitare discriminazioni all'università o nel lavoro.
Dal finestrino del taxi scorre la periferia di Skopje, è un giorno di sole e i casermoni industriali si stagliano come cattedrali incompiute nei prati. Attraversiamo il Vardar su un ponte ad archi, mentre l’autista ci racconta della sorella che si è appena sposata in Italia. La strada svolta a sinistra e inizia a salire. Spuntano timidamente i primi segnali di Shutka, le bandiere azzurro-verdi con disegnato il chakra indiano che s'irradia, il simbolo della comunità rom nel mondo.
Il bazar si snoda attorno all’arteria principale del quartiere, l’unica strada asfaltata decentemente, troppo stretta per far scorrere fluidamente il traffico di carretti, Mercedes d’epoca e autobus. A prima vista, Shutka non sembra distaccarsi molto dall’archetipo di quartiere povero di una qualunque città balcanica. I negozi si affacciano sulla strada, regna un bailamme incontrastato. Il bazar brulica di acquirenti, curiosi, anziani che sorseggiano caffè turco. Uno sguardo superficiale certifica che sono perlopiù autoctoni, i turisti e gli avventurieri sono rari. Le bancarelle vendono soprattutto vestiti dal marchio contraffatto, occhiali da sole e prodotti alimentari. Alcuni camerieri in camicia bianca si fanno largo tra la calca per portare tazzine di caffè su un vassoio ai commercianti. Incrociamo donne velate, venditori di caramelle e di coltelli, ma ad attrarci è soprattutto la popolazione under 20, divisa tra ragazzini sdentati ricoperti di polvere e adolescenti vestite alla moda, truccate come le coetanee di qualunque altra città europea. Stonano un po’ con l’ambiente, senza di loro la scena potrebbe essere naturalmente un frammento de Il Tempo dei Gitani di Emir Kusturica (1988). Che non a caso è stato girato qui.
Rispetto alla media nazionale, i rom vivono dieci anni in meno. Il tasso di disoccupazione sul territorio statale è del 53%. Secondo un report dell’Open Society, solo l’11% ha terminato gli studi superiori, a fronte di una media nazionale del 60%. Barba curata da hipster (o da salafita), appassionato di musica metal e laureato in Germanistica, Alvin Salimovski è il preside della scuola primaria di Shutka, dove studiano bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni. “Quando sei rom, devi impegnarti il doppio all’università. Devi dimostrare che non sei stupido”, ci dice. Shutka è un’oasi da cui non si esce quasi mai, se non per necessità, come cercare lavoro o ottenere dei documenti. Molti cittadini di Shutka sono emigrati all’estero a cercare fortuna. Non è raro allora incappare in ragazzini che parlano tra di loro in tedesco o italiano, ritornati assieme alle famiglie, molto spesso non per motivi di piacere. “Vater krank. Herz”: Denis ci fa capire che il padre è dovuto tornare per problemi al cuore, indicando il petto, quasi scusandosi del suo tedesco approssimativo.
Torniamo in centro che è molto tardi, quasi notte fonda. Il proprietario dell’appartamento prenotato su Airbnb tuttavia ci aspetta sveglio. Ci viene incontro, ci mostra l’appartamento, ci lascia le chiavi. Sulla porta, ci chiede: “Dove siete stati oggi?”. Rispondiamo che siamo stati a Šuto Orizari, l’unica municipalità al mondo dove i rom sono in maggioranza. Sogghigna di stupore “A Šuto Orizari? E che ci siete andati a fare? Io non ci sono mai stato, ma una volta a mia moglie hanno rubato il portafoglio”. Ci corichiamo pensando alle frase di congedo di un attivista incontrato ai bordi del bazar, notando che stavamo per dimenticare parte dell’attrezzatura. Ce l’aveva fatto notare con un sorriso: “Fate attenzione, non vi hanno detto che i rom rubano?”.
















